Cera una volta pt2


Non tutte le cose brutte accadono di notte. Non tutte le cose cattive accadono durante un temporale, ma questa cosa, dall’aspetto vagamente stregonesco avvenne comunque al crepuscolo. A Nadja occorse tutto il giorno per farsi coraggio e –cosa fondamentale- rimanere sola in quella casa.
 Sciolse le candele in un tegame munito di beccuccio, eliminò gli stoppini quando la cera divenne liquida e trasparente e stese una tovaglia sul tavolo della cucina.
Non sapeva ancora come avrebbe fatto di preciso; l’idea iniziale era quella di coricarsi e colarsi il contenuto del tegame direttamente sul lato del viso deturpato. Avrebbe sicuramente fatto male, come quando gli acidi e le schegge di vetro le avevano devastato la guancia e la fronte, ma sapeva che il dolore questa volta si sarebbe placato dopo poco, col progressivo raffreddarsi della cera.
 Oppure avrebbe potuto versare la cera in una vaschetta e immergere il viso, ma questa soluzione le sembrava meno adatta al suo scopo.
Avvicinò lo sgabello al tavolo e provò a coricarsi all’indietro, inarcando la schiena, cercando di appoggiare la nuca sulla tovaglia. Cercò d’immaginare quali movimenti avrebbe dovuto compiere per rovesciarsi il liquido sul viso senza buttarlo ovunque.
Era pronta. Tolse il tegame dal fuoco e attese che la cera fosse quanto più possibile liquida, ma non bollente. Appena vide che la superficie cominciava a velarsi prese il recipiente tra le mani, si stese di nuovo sul tavolo ed alzò il contenitore col beccuccio vicino alla guancia. Aveva paura, una lacrima si presentò al bordo dell’occhio “guarda cosa ti stai facendo” voleva dire a se stessa. Pese un bel respiro e versò il contenuto.
Quando la cera colpì lo zigomo corse veloce dietro l’orecchio, scottando zone del collo che Nadja non riteneva potessero essere così sensibili. Trattenne un grido sollevando di scatto le gambe e piegando la testa verso destra. Le mani le tremavano e non poteva vedere quello che stava facendo, ma cercò di guidare la colata su tutta la parte lesa del viso e attese, immobile. Dopo circa venti secondi il calore diminuì e sentì che la maschera cominciava a rapprendersi. Per prima cosa scavò col dito la cera colata a chiudere l’occhio sinistro, poi con dolcezza provò a sondare la fronte,  la bocca, il mento, l’orecchio.
Era certa di non dover muovere la bocca altrimenti si sarebbe staccato tutto.  Lasciò cadere a terra il tegame e si raddrizzò. La cera le aveva incollato i capelli infilandosi tra le ciocche. Non restava altro che guardarsi allo specchio. Possibile che si fosse dimenticata proprio di portarsi dietro lo specchio? Ovvio che si.
Poco male, si  sarebbe specchiata nel corridoio. Era certa che si sarebbe sentita patetica a vedersi “guarda che diavolo combini” si stava già dicendo, mentre una parte di sé fiera e testarda prendeva le distanze annunciando che avrebbe fatto ciò che le pareva e che non c’era nulla di cui preoccuparsi. Arrivò allo specchio con agitazione, quasi di corsa come una bambina che corre a specchiarsi per vedere come le sta un vestito nuovo e ciò che vide la pietrificò.
Un ghigno malvagio era stampato sul lato sinistro del  suo viso. Laddove c’erano le cicatrici della pelle bruciata e sciolta “nell’incidente” ora c’era una maschera ruvida e ghignante. Nadja trasalì e si allontanò qualche passo senza più comprendere che quell’essere era  il suo riflesso. Perché? Perché quell’orrenda espressione di sadismo? Era forse colpa di come aveva colato la cera e di come aveva contratto la guancia per il dolore?
Con le dita cercò i lembi della maschera e cominciò a tirarla fino a staccarla completamente.
Riapparve il viso devastato, e forse l’odio di ciò che vedeva e la delusione furono per un istante più intensi dell’orrore che aveva provato poco prima.
Erano i segni “dell’incidente” e riportavano alla mente tutto l’accaduto. In quel momento Nadja rovistò dentro di sé e fu come se avesse appena rovesciato un vecchio scatolone sul pavimento. Si vide tutta, in tutte le sue sfaccettature e comprese che la maschera in realtà aveva portato a galla la sua vera natura, la maschera era sincera, molto più sincera del suo viso che sapeva nascondere segreti, desideri, perversioni e mentire in maniera più che soddisfacente.
Quella maschera diceva il vero e Nadja ne stava diventando consapevole ogni istante di più e non le dava più così fastidio.

Sollevò la maschera e si rimirò allo specchio ridendo.


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